Guardando dentro ad occhi più neri della notte

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Quest’anno ce lo ricorderemo. Lo diciamo sempre a fine anno scolastico e, con il passare dei mesi e delle stagioni, è effettivamente così. Di ogni anno scolastico ricordiamo gli studenti che si sono iscritti a scuola, qualche aneddoto che rende quella classe unica, irripetibile.

E ogni anno ci stupiamo di quanto la vita sia ricca di avvenimenti quotidiani che rendono ogni nuova conoscenza significativa.

Non ho l’ambizione di credere che ciò che è significativo per me lo sia per tutto lo Staff della Scuola di Italiano della Liberi Nantes, ma se ben interpreto certi sorrisi e certi abbracci che ho visto ieri, durante l’ultimo giorno di scuola, mentre consegnavamo gli attestati di frequenza ai nostri studenti, allora sì: per tutti noi, quest’anno di scuola, è stato un anno significativo, in cui abbiamo provato a dare continuità a un progetto didattico che ci ha impegnato dal mese di novembre, svolgendo 96 ore di lezione di italiano in modo volontario, seguendo due gruppi distinti e cercando di non far sentire nessuno indietro.

Perché nessuno è poi mai indietro, quando la linea dell’orizzonte è sempre oltre la portata di un braccio umano. Nessuno è mai indietro, se nella corsa per il diritto a una qualsiasi esistenza si cambiano continuamente le regole del gioco, con l’obiettivo di non far partecipare nessuno, e chi è in corsa o in viaggio, all’improvviso si trova ridotto in un pezzo di carta che passa tra uffici, e un giorno riconosce il suo nome e su di esso vi trova un bollino: di attesa, di diniego, di assistenza umanitaria. Cosa vuol dire? Cosa accadrà?

Già, cosa vuol dire ricevere un diniego?

A scuola ci proviamo a spiegarlo. Ma soprattutto cerchiamo di spiegare cosa fare per non riceverlo.

La conoscenza della lingua italiana, ci dicono, primo requisito: la tua storia, di fuga da una guerra o da una povertà inevitabile, la dovresti raccontare nella lingua italiana. Una lingua che noi amiamo e difendiamo, e che oggi può aiutare a salvare destini umani.

Penso sia questo l’unico vero motivo per cui tutti noi volontari della Scuola di italiano di Liberi Nantes facciamo quello che facciamo: insegniamo quel che noi abbiamo appreso nascendo, e non ci costa fatica se non la rinuncia a del tempo privato per un bene che pensiamo più grande: la possibilità che un nostro fratello e una nostra sorella, parlando la nostra stessa lingua, riesca a non essere più indietro, ad afferrarla quella linea dell’orizzonte oltre la quale sentirsi in salvo e in forze per iniziare la costruzione di una nuova vita.

Alla fine dell’anno scolastico me lo chiedo sempre, se funzioniamo.

Guardando dentro ad occhi più neri della notte ci sembra di aver letto un “grazie”.

Grazie a voi.

(Martina Volpe)

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